Le Fontane del Paradiso by Arthur C. Clarke

Le Fontane del Paradiso by Arthur C. Clarke

autore:Arthur C. Clarke
La lingua: it
Format: mobi
editore: Mondadori
pubblicato: 1979-08-11T22:00:00+00:00


26. La notte prima di Vesak

Dopo ventisette secoli, quello era ancora il giorno più sacro del calendario di Taprobane. Alla luna piena di maggio, secondo la leggenda, il Buddha era nato, aveva ricevuto l'illuminazione, ed era morto. Anche se per molta gente Vesak ormai non significava molto di più dell'altra grande festa annuale, il Natale, era sempre un'occasione di meditazione e tranquillità.

Per molti anni il Controllo Monsoni aveva fatto sì che non piovesse, la notte prima e dopo Vesak. E, quasi per altrettanti anni, Rajasinghe si era recato alla Città Reale due giorni prima della luna piena, in un pellegrinaggio che ogni anno rigenerava il suo spirito. Non vi andava il giorno di Vesak: Ranapur era troppo affollata di visitatori, qualcuno lo avrebbe senz'altro riconosciuto, disturbato la sua solitudine.

Solo l'occhio più acuto poteva notare che l'enorme luna gialla sospesa sulle cupole a campana degli antichi “dagoba” non era ancora un cerchio perfetto. Emanava una luminosità tanto intensa che nel cielo senza nubi erano visibili solo poche stelle e satelliti, i più brillanti. E non c'era un soffio di vento.

Due volte, si diceva, Kalidas si era fermato lungo quel percorso quando aveva lasciato per sempre Ranapur. La prima sosta fu alla tomba di Hanuman, l'amato compagno della sua infanzia; e la seconda al Tempio del Buddha Morente. Rajasinghe si era chiesto spesso quale sollievo ne avesse tratto il re maledetto, forse in quello stesso punto, perché era il luogo migliore da cui osservare l'immensa statua scolpita nella roccia solida. Le proporzioni di quella figura reclinata erano talmente perfette che bisognava arrivarle davanti, prima di afferrare le reali dimensioni. Da lontano era impossibile accorgersi che il cuscino sotto la testa di Buddha era, da solo, più alto d'un uomo.

Rajasinghe aveva visto molto del mondo, ma non conosceva un altro luogo così pieno di pace. A volte pensava di poter restare seduto lì per l'eternità, sotto la luna gialla, del tutto dimentico dei problemi e della confusione dell'esistenza. Non aveva mai cercato di analizzare troppo a fondo la magia del Tempio, per timore di distruggerla, ma alcune delle sue componenti erano piuttosto chiare. Lo stesso atteggiamento dell'Illuminato, sereno ad occhi chiusi dopo una vita lunga e nobile, irradiava serenità. Le pieghe morbide della sua tunica erano straordinariamente dolci e riposanti da contemplare; sembravano fluire dalla roccia, formare onde di pietra immobile. E, come le onde del mare, il ritmo naturale delle loro curve faceva appello a istinti di cui la parte razionale della mente non sapeva niente.

In momenti eterni come quello, solo col Buddha e la luna quasi piena, Rajasinghe sentiva di riuscire finalmente a comprendere il significato del Nirvana, quel particolare stato che può essere definito solo attraverso negazioni. Emozioni come l'ira, il desiderio, la cupidigia non possedevano più alcun potere; anzi, erano a stento concepibili. Persino il senso dell'identità personale sembrava sul punto di scomparire, come la nebbia davanti al sole del mattino.

Non poteva durare, naturalmente. Adesso avvertiva il ronzio degli insetti, il lontano abbaiare di cani, il freddo ruvido della pietra su cui sedeva.



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